RAGION DI STATO
mercoledì, 22 febbraio 2006La villa di Palermo in cui viveva Totò Riina all’epoca dell’arresto non venne perquisita dalle forze dell’ordine -che pure la monitoravano- mentre, in modo del tutto indisturbato, venne ripulita e persino ritinteggiata dagli uomini di Cosa Nostra. Il generale Mori e il maggiore De Caprio (il capitano Ultimo) sono stati rinviati a giudizio e ora assolti dall’accusa di favoreggiamento per la mancata perquisizione perchè "il fatto non costituisce reato". Chi ha pensato di far incriminare questi apprezzati investigatori aveva forse a cuore l’esigenza, per amore della verità o per altre finalità meno nobili, di far venire fuori una versione meno propagandistica e più aderente ai fatti della cattura del superlatitante. E’ evidente che la cattura del capo di Cosa Nostra è avvenuta grazie ad un inconfessabile accordo tra esponenti dello Stato e boss di Cosa Nostra. La nostra Repubblica è nata e ha fatto più volte proprio, nella sua pur breve storia, un uso spregiudicato di mafiosi, terroristi, golpisti e comuni criminali, con l’alibi machiavellico della ragion di stato. Riservando nel caso, dal ventennio ai nostri giorni, quando un Mori -prefetto o carabiniere che fosse- otteneva risultati apprezzabili contro la Mafia, l’antico promoveatur ut amoveatur ovvero, per quei servitori dello Stato troppo zelanti nella lotta alla criminalità organizzata, mezzi di dissuasione ben più cruenti.