
Si dice comunemente che la Sicilia è stata – e forse lo è tuttora – il laboratorio politico d’Italia. Qui, dal Milazzismo sino al “61 a 0?, si è sperimentato di tutto e di più. E molte di queste esperienze e formule politiche sono state poi trasferite a livello nazionale. I prossimi 90 giorni previsti per l’elezione del nuovo presidente della Regione potrebbero rappresentare allora l’occasione di una nuova sperimentazione, magari migliore.
Si dice che la politica sia la scienza del compromesso. Io penso che ci sia un limite a tutto, soprattutto ai compromessi: nella politica siciliana il limite della decenza è stato oltrepassato ormai da tempo. Mi piacerebbe, perciò, veder avanzare dal basso, al di fuori del gioco dei partiti, una candidatura autorevole per la presidenza della Regione Siciliana. Ne propongo una: quella di Pasquale Pistorio.
L’ing. Pistorio non lo sa: non lo conosco e non ho alcun interesse in conflitto con la sua candidatura, ma è evidente che non servirebbe a molto restare il candidato – in pectore – del solo sottoscritto, visto che in democrazia contano i numeri. Il mio auspicio è quindi che siano in tanti a voler affidare ad un siciliano dalla reputazione internazionale e dalle competenze manageriali riconosciute a Pasquale Pistorio la sfida di realizzare in Sicilia qualcosa di simile a quanto è avvenuto, neanche tanti anni fa, in Irlanda: un’isola con la stessa popolazione e la stessa storia di miseria ed emigrazione della Sicilia, ma che oggi conosce la piena occupazione e un’elevata crescita del PIL.
Perché la “piazza virtuale” di internet non dovrebbe contribuire a riportare la democrazia a quello che era, quando è nata: confronto tra uomini liberi (liberi soprattutto dal bisogno che favorisce il voto di scambio e clientelare) sulla gestione della cosa pubblica invece che “costruzione del consenso” attraverso spot, manifesti, pacchi di pasta, buoni benzina, baci, pranzi elettorali e immancabili promesse di assunzioni?
Pasquale Pistorio rappresenterebbe una garanzia ed un interlocutore credibile per quegli investitori internazionali che potrebbero riprendere in considerazione l’opportunità di investire in Sicilia. La Sicilia ha un problema di modernità incompleta a causa di una cultura della legalità ancora latitante e di una visione dello sviluppo economico ancora troppo assistenziale e parassitaria. Un grande manager come Pasquale Pistorio, il padre dell’Etna Valley, potrebbe promuovere una cultura moderna dello sviluppo economico incentrata su meritocrazia, solidarietà e cultura di impresa. Non è una proposta che farà impazzire le oligarchie di partito, ma è una proposta rivolta soprattutto alle forze meno compromesse della società siciliana che pagano al blocco parassitario che la domina un prezzo insopportabile in termini di mancato sviluppo: i giovani, le donne, la piccola impresa e il lavoro autonomo.
Ci sono società governate da politici capaci di promuovere lo sviluppo e altre governate da politici “specialisti” in sottosviluppo. L’eterno sottosviluppo della Sicilia, nonostante le enormi risorse pubbliche -nazionali ed europee- che ogni anno vi vengono spese, non sarà forse causato da una classe politica capace solo di accrescere il proprio consenso elettorale, gestendo risorse prodotte altrove e da altri?
Quanti studenti e ricercatori siciliani, laureatisi in prestigiose università italiane od estere, trovano poi occupazione nella loro terra? Che futuro potrà mai avere una terra che si priva delle intelligenze migliori mentre mantiene e ingrassa i parassiti?
Non sarà il caso di provare a cambiare, visto che dal 2013 – comunque – la Sicilia, non per propri meriti, ma per l’ingresso di paesi dell’est Europa, non sarà più compresa tra le aree meno sviluppate dell’Unione e riceverà, conseguentemente, minori risorse pubbliche?
Come siciliani “adulti”, non abbiamo bisogno di essere “amati” o baciati da politici “con la Sicilia nel cuore” perché non è l’affetto che ci manca: ci mancano invece pubblici amministratori autorevoli, competenti e dalla reputazione indiscussa.